Nella piccola gerarchia dei piccolissimi piaceri che un vecchio compositore lontano da ogni ribalta può vedersi piovere dal suo spicchio di cielo, quello della registrazione di una propria opera occupa uno dei primissimi posti. Specialmente se si tratta di un’opera “speciale”: ammettiamolo, scrivere un concerto per chitarra battente – una chitarra a cinque corde doppie con accordatura rientrante, in sostanza con la nota più grave (sol) al centro, e senza bassi – è un bel rompicapo, che obbliga l’artefice a ordire un tessuto orchestrale non soltanto leggerissimo, ma anche capace di colmare i vuoti che lo strumento solista lascia inevitabilmente nella sua scia. Marcello De Carolis è irresistibile: ha affondato le sue radici di chitarrista classico “colto” – e lo è senza remore, imperiosamente – nel terreno fertilissimo delle tradizioni popolari lucane, e mira a gettare un ponte tra la chitarra battente – una sorta di vox populi-vox dei – e la chitarra di corte. Bella pretesa, diranno i lettori. E io aggiungo: provate voi, a muovere i primi passi in avanti, là dove non c’è nessun sentiero tracciato e dove a ogni minimo scarto può mancarvi la terra sotto i piedi. Comechessia, il “Concerto di Matera” è adesso in CD, a un anno e mezzo da quando fu ultimato. Stento a crederci, ma lo sto ascoltando. Ai colleghi compositori: se lo vedete profilarsi all’orizzonte, il Marcello, datevela a gambe, quello non fa prigionieri.
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