Come anziano ex docente che ha sempre cercato di trasmettere ai propri allievi i valori della correttezza etica e deontologica, sento il dovere di avvertire i giovani maestri di un rischio che corrono, assai meno lieve di quanto possa apparire superficialmente. Mi giungono notizie secondo le quali alcuni organizzatori di concerti fanno pressione sugli artisti invitati affinché, nella compilazione dei programmi musicali (impropriamente chiamati borderò), in luogo dei nomi degli autori e dei titoli delle musiche effettivamente eseguiti, essi scrivano nomi di autori scomparsi da più di 70 anni e titoli di opere divenute di pubblico dominio. Tale pressione viene esercitata al fine di evitare o di ridurre il pagamento, da parte degli oganizzatori, dei diritti d’autore alla Società Italiana Autori ed Editori (Siae).
Non intendo infierire su tali soggetti scrivendo qui quello che penso del loro comportamento, ma vorrei che i giovani concertisti fossero consci dei rischi che corrono: i gentiluomini che li spingono a queste sostituzioni, infatti, non dicono loro che i responsabili delle falsificazioni sono i compilatori materiali dei borderò – cioè gli esecutori, non chi li istruisce al mendacio – e non li avvertono del fatto che si tratta di reati. Se scoperti (cosa non difficile), coloro che commettono queste azioni sono esposti a conseguenze tutt’altro che piacevoli. Ragazzi, se suonate Tansman, Castelnuovo-Tedesco, Rodrigo, etc., o autori viventi, scrivete sui programmi i loro nomi e i titoli esatti delle loro opere e, a chi vi vuole indurre a scrivere altro, dite che i tipi da galera sono loro, non siete voialtri.
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