Come tutti gli scrittori di grande talento, William Faulkner non tenta mai di fare qualcosa di straordinario: la sua prosa è comunque inconfondibile anche quando egli sembra scegliere di volare basso. In alcuni passi, però, non resiste e si lascia andare, non alla tentazione di scrivere a effetto, ma all’onda travolgente della sua genialità visionaria e divinatrice. Lo leggo da quand’ero adolescente, e lo rileggo quando ne sento l’urgenza: come e più di Hemingway e di Scott Fitzgerald mi è diventato indispensabile. Voglio offrire qui ai miei amici FB un passo – tratto dal suo romanzo “Luce d’agosto” – in cui raggiunge altezze accessibili solo ai grandissimi scrittori. Ambietato a Jefferson, cittadina di uno degli Stati del Sud dominati dal razzismo, racconta la storia di Joe Christmas, un negro ingiustamente accusato di assassinio e stupro di una donna bianca, che viene braccato e infine linciato da fanatici giustizialisti. Grimm, il giovane criminale-sceriffo che l’ha catturato, ferito e gettato sul pavimento da dove, ammanettato, non può più rialzarsi, non pago d’avergli sparato, estrae un coltello e lo mutila barbaramente, suscitando l’orrore persino nei suoi complici. “Così lascerai in pace le donne bianche, anche giù all’inferno”, disse. E qui si alza il volo faulkneriano: “Ma l’uomo giaceva immobile, con gli occhi spalancati e vuoti di tutto fuorché di conoscenza, e con qualcosa, un’ombra, intorno alla bocca. A lungo egli guardò con occhi placidi, e insondabili, irresistibili. Poi la sua faccia, il suo corpo, e tutto di lui parvero affondare, crollare nel loro essere stesso, e fuori dai panni strappati intorno ai fianchi e alle anche sgorgò il fiotto di sangue nero come un respiro che più nulla rattenesse. Sgorgò dal corpo bianco allo stesso modo che il fuoco sgorga in scintille da un razzo; e in quella raffica nera l’uomo parve alzarsi ad aleggiare per sempre nella loro memoria. Dovunque, valli tranquille, placide acque rassicuranti della vecchiaia, e specchianti facce di bambini, dovunque essi si troveranno a contemplare le antiche sciagure e le nuove speranze; mai dimenticheranno quell’uomo. Sempre egli sarà loro presente in tranquilla, meditativa continuità, senza sbiadire e senza diventare particolarmente minaccioso, sereno di se stesso solo, e di se stesso solo trionfante.” (William Faulkner, Luce d’agosto, traduzione di Elio Vittorini, Oscar Mondadori).
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