Se non si è irresponsabili, scrivere un ciclo di variazioni sul tema della Follia, dopo quel che aveva fatto Ponce nel 1929, è un azzardo temerario, che comporta l’alto rischio di rendersi ridicoli. Consapevole di ciò, tra l’impulso di provarci e la risoluzione che mi portò a farlo, feci trascorrere una decina d’anni. Non divenne mai una composizione prediletta dai miei interpreti: appartiene al periodo tenebrista nella sua fase più oscura, e non invita al divertimento. Tutt’altro. Ecco perché sono molto contento del fatto che Daniele Chiefa, che fu uno dei pochi interpreti della composizione poco dopo che l’ebbi scritta, ritorni oggi a proporne questa fiera registrazione. Ch’io mi sappia, nel frattempo soltanto Luigi Attademo, Angelo Marchee e Cristiano Porqueddu hanno avuto quello che io trovai quando scrissi il pezzo: il coraggio di provarci.
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