Esattamente il 21 aprile 1951, la mia vita prese inaspettatamente, improvvisamente e, in apparenza, del tutto casualmente, la via che poi ho percorso – non sta a me constatarne i risultati – con fedeltà assoluta a quello che consideravo il mio destino: le fatiche immani, i sacrifici inenarrabili, i molti errori commessi, mi hanno certamente intralciato il passo, ma non ho mai dubitato che quella che mi si rivelò quella sera a Modena fosse la mia strada. Nell’anno in cui compirò – a Dio piacendo – il mio ottantesimo, posso dire di me che mi sono caricato sulle spalle le responsabilità legate ai doni che il Creatore mi aveva elargito: non li ho dissipati, non li ho nascosti in modo infruttifero, li ho coltivati giorno per giorno, pagando il prezzo, a volte lieve a volte atroce, necessario. Non mi assilla il pensiero di quel che sarà della musica che ho composto, ma mi dà un senso di pace il poter constatare che l’ho scritta. In questo giorno anniversario di quel lontano 21 aprile 1951, mi sembra bello e giusto ricordare il nome di Ida Presti: fu nell’ascolto – ingenuo e inconsapevole, ma totalmente esposto al messaggio che la musica e l’artista trasmettevano – di quel suo concerto che ebbi subitanea e sconvolgente la rivelazione, non di chi fossi, ma di chi avrei dovuto continuare a essere perché la mia vita avesse un senso. Scoprii poi che, tra quel che ero già e quel che avrei cercato di essere crescendo, non c’era alcuna differenza: le abilità si acquisiscono, ma l’anima no.