Erano ragazzi quando, a partire dai primi anni Settanta, vennero a studiare con me. Quella prima generazione di miei allievi conta parecchi docenti di conservatorio e di altre scuole pubbliche e private. Non riesco ad adattare la mia mente alle notizie – che da molti mi pervengono – del loro prossimo pensionamento di anzianità. Lucio Matarazzo, uno dei più stimati maestri italiani di chitarra, terminerà nel giro di un paio d’anni al massimo il suo servizio nel conservatorio di Avellino, e come lui parecchi altri, nelle rispettive sedi di lavoro. Non ci posso credere! E, passando alla generazione successiva, mi rifiuto di ammettere che Piera Dadomo – che ascoltai la prima volta quando aveva 14 anni – abbia recentemente festeggiato i 50 anni. Luigi Attademo, Giulio Tampalini, Christian Saggese – nomino i tre più noti in ambito concertistico, ma nella mia mente conservo nitido il ricordo di tutti gli altri – sono dei signori di mezza età. Assurdo. Se avessi mai immaginato che qualcosa del genere avrebbe potuto accadere, avrei cercato una soluzione, una via d’uscita. E io sto navigando verso gli ottanta: no, è inammissibile. Ci dev’essere un modo per evitare quest’ingiustizia!
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