All’inizio di questo 2020, prima dell’esplosione della pandemia, ero molto poco fiducioso nelle mie capacità di azzerare – o almeno di assottigliare – l’elenco delle opere per le quali mi ero impegnato con la mia parola (dunque molto più imperativamente che con dei contratti) con vari committenti. Non riesco ancora a capacitarmi di aver scritto, in otto mesi, qualcosa come undici pezzi – e Dio sa se rifiuto di fare il cuoco adoperando delle ricette già pronte: ogni lavoro, ricomincio da capo. In agosto, poi, la rinuncia alle vacanze in Sicilia o in Sardegna dettata dalla prudenza (sono un vecchio dalla salute cagionevole, e so di rappresentare il candidato ideale all’infezione da covid), mi aveva fatto temere di essere prossimo a una caduta di energia di tipo depressivo: per scansare un pericolo, forse ne avevo creato un altro. Invece no, anche agosto – anzi,soprattutto agosto – è stato un mese proficuo. Detesto che mi si consideri e mi si definisca un compositore prolifico: questo termine evoca sconquassi di viscere e nascite sanguinolente. Io invece lavoro di cervello, mi occorre concentrazione assoluta, silenzio, e quel genere di visite che hanno il sommo pregio di non invadere la mia solitudine: la musica si scrive da soli, non in squadra. Ed ecco anche l’undicesimo lavoro. Quando la richiesta proviene da musicisti che stimo e dei quali sono amico, rispondere non è meno faticoso di quanto sia il lavorare per un committente che non ho mai incontrato di persona, ma l’atto della consegna dell’opera ha un sapore particolare, che si aggiunge alla soddisfazione professionale. Eccola, l’ultima. Adesso però devo proprio dormirci sopra un poco,mangiare con maggior regolarità, magari uscire a fare due passi: da quando non mi concedo questo lusso? Per adesso, basta!
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